“Nel dormiveglia cerco di gestire le situazioni quotidiane ma le vedo bloccate da fili, immagino questi gomitoli come un blocco che ti copre la testa. Ciò che a noi è esterno oscura ciò che dovremmo fare e pensare.” Cecilia Del Gatto.
Tra gomitoli di filo attorcigliati intorno alla testa riusciamo davvero ad essere liberi?
Il progetto Sopravvivere di Cecilia del Gatto, fotografa e artista, indaga il rapporto tra l’individuo e l’esterno, e lo fa con la sensibilità intima dell’arte, in un modo totalmente soggettivo, coinvolgendo e rendendo protagonista un oggetto specifico: il gomitolo di lana. Così come nei momenti di dormiveglia l’artista visualizza situazioni intricate bloccate da fili, nelle sue fotografie è il gomitolo che blocca i personaggi.
Il progetto Sopravvivere si divide in fasi. La prima è una fase embrionale in cui il personaggio è da solo nella contesa tra l’essere e l’identità sociale. Non è per niente consapevole di avere un gomitolo attorno alla testa. Il secondo step è quello in cui i personaggi vivono momenti quotidiani, asettici e concettuali, in cui non c’è sintomo di ribellione nei confronti delle loro gabbie mentali perché la consapevolezza di averle è ancora lontana.
Il gomitolo attorcigliato intorno al volto impedisce la visione del volto stesso, inglobando il cervello in chi sa quali costrizioni. “Tutto, da ciò che indossiamo a ciò che pensiamo è sottoposto a pressioni esterne.”
“Nessuno ha voglia di capire.
Nessuno ha voglia di guardare.
Nessuno ha voglia di parlare.
Nessuno ha voglia di fare.
Tutti hanno voglia di una maschera per SOPRAVVIVERE.
Io voglio vivere.”
Ho avuto la fortuna di presenziare al backstage e la fase di preparazione delle opere è importante quanto la foto stessa. I modelli smettono di parlare durante la preparazione del loro involucro di filo; mano a mano che il gomitolo manovrato dai tecnici gira attorno alla loro faccia, i modelli perdono alcuni dei sensi: vista e parola vengono a mancare e vedendoli scomparire sotto il filo scompare anche la loro identità. Coloro che prima avevano occhi, naso e bocca ora sono totalmente spersonalizzati.
Nelle foto del secondo step i soggetti sono seduti al tavolo da pranzo e mangiano spaghetti, oppure siedono comodamente sul divano in una situazione casalinga rilassante. Tutto sembra normale, eppure ci sono questi gomitoli che stringono la testa, soffocano il respiro, impediscono la vista. La condivisione tra i personaggi c’è ma non è reale, nessuno può vedersi né parlare con gli altri per cui nessuno sa di essere aggrovigliato.
Ci si chiede se la situazione descritta dall’artista sia irreale o meno, ed è proprio questo il punto. Ci si chiede se anche noi, seduti al tavolo o stesi sul divano, abbiamo dei gomitoli colorati in testa.
Marina Mannucci