PicMonkey CollageFUNKY Sempre a posto in nessun posto

“Il funkytarro è sempre in voga perché non è di moda mai” cantavano gli Articolo 31, sostenendo con questa frase che il popolo si divide tra chi è alla moda e chi invece no.

Ma davvero si può sfuggire alla moda? Chi dice di seguire la moda è effettivamente detto modaiolo, il che vuole dire che veste secondo i diktat delle ultime passerelle, che, almeno quest’anno, indossa il pantalone-palazzo corto alla caviglia, i jeans col risvoltino e tinge i capelli di grigio. Tutto questo è giustificato dal “quest’anno va di moda”. Tutti gli altri però, come si vestono?

Sembra incredibile ma coloro che non seguono la moda e si autodefiniscono alternativi hanno dei canoni di abbigliamento standard tanto quanto i modaioli, e come loro, seguono la moda del momento. Pensiamo al fenomeno Hipster. Inizialmente un gruppo di ragazzi poco alla moda per il loro momento, con maglioncini di lana, pantaloni di velluto tipici degli studenti di filosofia, occhialoni da lettura e barbe lunghe. Ormai anche questo modo di conciarsi è diventato moda. Così gli hipster sono diventati una categoria. E chi non vuole vestirsi da hypster si veste in modo alternativo. Ma alternativo ormai rispetto a chi, e scegliendo cosa?

Ciò che scegliamo di indossare lo peschiamo tra tanti capi d’abbigliamento nei negozi che hanno scelto di vendere quel tipo di abbigliamento, ed è un po’ come se decidessero per noi. Meryl Streep ne Il diavolo veste Prada, apostrofa la sua assistente sul suo sentirsi così estranea al mondo della moda, dicendo le testuali parole:

“Tu pensi che questo non abbia nulla a che vedere con te. Tu apri l’armadio e scegli quel maglioncino azzurro infeltrito per urlare al mondo che ti prendi troppo sul serio per curarti di cosa ti metti addosso. Ma quello che non sai è che quel maglioncino non è semplicemente azzurro ma ceruleo, e sei del tutto inconsapevole che quel ceruleo […] è comparso nelle collezioni di otto diversi stilisti, dopodiché è arrivato poco a poco nei grandi magazzini e si è infiltrato in qualche tragico angolo casual dove tu evidentemente l’hai pescato nel cesto delle occasioni […] Siamo al limite del comico quando penso che tu sia convinta di aver fatto una scelta fuori dalle proposte della moda

Il nostro modo di vestire, alternativo o meno, dipende dalle scelte che qualcun altro ha fatto per noi. L’artista e fotografa Cecilia del Gatto, nel suo progetto Sopravvivere, dedica a questo tema un dettaglio non trascurabile. I suoi personaggi sono rappresentati dal colore del vestito che indossano, che è lo stesso del gomitolo che hanno attorno alla testa. “Tutti noi crediamo di scegliere il colore dei nostri abiti, ma sono le pressioni esterne in cui è aggrovigliata la nostra mente a condizionarci nella decisione”. [articolo completo su Sopravvivere nella sezione Cultura].

Prendiamo un altro esempio: il vintage. Il vintage piace perché qualcuno ha deciso di tirare fuori dai magazzini abiti invenduti, stampe a fiori e improbabili gonne a ruota, che mai avremmo indossato nel nuovo millennio. Eppure il vintage si è insinuato piano piano nel nostro armadio, nella musica, nelle feste a tema anni 50, ed è diventato, o meglio tornato, di moda. Altrimenti non ci piacerebbe.

Come guarderemmo a una persona che gira per strada, per esempio, in tuta fluorescente? Non è inquadrabile in nessuna sezione, non è di certo modaiolo, ma nemmeno alternativo. Diremmo che è folle. O forse, a questo punto, è il più alternativo di tutti. E se poi qualcun altro lo seguisse, e altri lo seguissero, diventerebbero un gruppo di persone vestite con una tuta fluorescente. Da lì a divenire moda il passo è breve.

Anche se non lo vogliamo, tutti noi rispettiamo dei canoni. E continuando a citare gli Articolo 31, se “la tendina sul lunotto posteriore con disegnata Marylin è un evergreen”, è solo perché per un periodo non è stata di moda.

Marina Mannucci

 

 

 

 

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