Rosa tornò dopo circa qualche mese. Un taglio di capelli alla garçon le sfinava il volto, e orecchini di perla la mostravano più adulta. Nel mese di maggio era capitato il suo compleanno della maturità segnando i primi cambiamenti nel corpo.

“Fatti prendere le misure” le aveva detto la Signora.
Senza fare domande e superata la vergogna di qualche tempo prima, Rosa sollevò la maglietta a mezze maniche mostrando un addome snello e sodo. Il metro da sarta le avvolse rapidamente il giro vita sotto la guida sicura della Signora. Contare le volte in cui la Signora aveva fatto quel gesto era impossibile, le sue mani andavano da sole e anche se ora erano rugose e decisamente più dure di quando aveva iniziato a compiere quei gesti, aveva guadagnato in abilità e il metro non le scivolava più come un tempo. Rosa sentì tutta quell’esperienza girarle attorno e stringersi all’altezza dell’ombelico. “Circonferenza vita 68 centimetri” constatò a voce alta la Signora come se qualche assistente avesse dovuto appuntarlo su un taccuino. “Sei una vera signorina con la vita sottile”. Rosa se ne compiacque e abbozzò un sorriso.

“Pensavo in questi giorni di iniziare un nuovo progetto di cucito per festeggiare il diploma, avrei in mente un top corto abbinato ad un pantalone ampio a vita alta. Ho adocchiato un modello online. L’ho scaricato sul telefono, se sposso…”

La Signora aveva distolto lo sguardo e con gesto lento prese un’agenda datata 2010 da porgere alla ragazza. “Puoi disegnarmelo qui così lo guardiamo insieme”. I suoi metodi di lavoro erano tradizionali, il concetto di guardare una fotografia su uno schermo non avrebbe reso giustizia al suo sistema, rodato negli anni, di schizzare il foglio con la matita e vedere l’abito prendere forma man mano che l’idea passasse su carta. Rosa obbedì e prese in mano la matita. L’agenda era piena zeppa di nomi di donna associati a schizzi di giacche, gonne, completi, tutti corredati da misure incolonnate. Linea spalle, circonferenza seno, circonferenza vita, circonferenza bacino. Lunghezza vita davanti e dietro, lunghezza manica, giro braccio, cavallo. Alcune avevano misure più specifiche, perché nel caso di una camicia è necessario sapere la misura del polso e del collo, l’altezza delle pinces e altre circonferenze intermedie.

Iniziò ad abbozzare una figura. “Non so disegnare bene, ci provo” disse inclinando leggermente il capo verso la spalla. “Mi piacerebbe avere le spalle scoperte, o almeno una spalla scoperta, poi una linea pulita sul corpo, così”. Aveva disegnato un quadrato senza forme su un busto appena stilizzato e si apprestava a creare la parte inferiore del corpo. “Da qui partono invece i pantaloni, stretti sulla parte sopra e poi ampi al fondo”. La sua interlocutrice la guardava un po’ perplessa, con gli onnipresenti occhiali scesi sul naso. L’immagine non era di certo come quelle dei figurini professionali, ma giocando con l’immaginazione che è fondamentale in questo mestiere, si poteva intuire il risultato finale. Sarebbe stato un abbigliamento azzardato per presentarsi ad un evento formale, la Signora lo sapeva bene ma non aveva intenzione di contraddirla bocciando la sua idea su due piedi. Sapeva anche che alla sua età rendersi conto di cosa è appropriato è difficile, e si rendeva conto dei cambiamenti che scorrono di generazione in generazione, così decise di ammorbidire le forme scheletriche disegnate da Rosa con un tratteggio di matita. In pochi segni il top divenne una blusa con spalline e manica con volant. “Il tuo modello è molto carino, sai. Credo però che un motivo arricciato sulle maniche farebbe risaltare la tua personalità. D’altra parte ti stai diplomando, e quel giorno penso che vorrai dire a tutti quanto tu ti sia impegnata nello studio, con quanta dedizione hai affrontato gli esami e anche cosa ti abbia trasmesso Seneca, Saffo o uno qualsiasi dei tuoi idoli letterari. Un top corto e squadrato difficilmente trasmette tutto questo. I vestiti che indossiamo ogni giorno dicono qualcosa di noi perché fanno parte dell’aspetto interno che trasmettiamo agli altri”.

Rosa non aveva pensato a quest’aspetto, credeva che il top valorizzasse la sua figura.
“Quand’ero giovane ammiravo Gina Lollobrigida. Non so se questo nome ti dice qualcosa, era una ragazza bellissima e allo stesso tempo una donna semplice, poi è diventata una signora impegnata, colta e raffinata. Me la ricordo in quel film “pane amore e fantasia”, era innamorata di un carabiniere mi sembra. Indossava completi un po’ osé per l’epoca, io la guardavo estasiata e cercavo di riprodurre quegli abiti scollati che mettevano in risalto il decolleté e strettissimi a evidenziare il vitino da vespa. Lo chiamavamo così, vitino da vespa, per indicare chi aveva la vita sottile, un po’ come la tua. Trasmetteva gioia di vivere, bellezza naturale, era considerata da tutti i ragazzi un’icona sexy, non c’era volgarità nel suo stile. Gli occhi le brillavano, si vedeva che indossava abiti che aveva scelto per sottolineare la sua idea di bellezza. Ricordati che non c’è mai volgarità quando indossi un capo che ti rappresenta, qualsiasi esso sia. Se hai addosso una cosa che ti piace e hai portamento, nessuno si azzarderà a dire alcunché, e semmai lo farà, sarà lui a dover rispondere dell’accusa di strette vedute e bigottismo”.

Il nodoso dito indice della Signora si era alzato ritto verso l’alto e scandiva le sue ultime parole enfatizzandone gli accenti come la bacchetta di un direttore d’orchestra batte sulle note di una sinfonia. “Si dovrebbe sempre scegliere con cura il proprio abbigliamento, ciò che indossi al mattino non deve essere idoneo a un evento, ma deve essere idoneo a te stessa. Solo così potrai guardare il mondo con onestà e il mondo guarderà la tua verità”. Quest’ultima frase strideva. Rosa non sapeva se essere completamente in accordo, ma il concetto le sembrava chiaro. Improvvisamente il suo top corto non le parlava per niente. “Cosa mi trasmette questo top?” pensò guardando lo schizzo che aveva appena fatto. Nessuna risposta, in realtà quel top non voleva dire proprio niente. Le sembrò anonimo e insensato per la sua persona.

Mise mano allo schizzo, le sue dita piccole lasciarono che la matita scorresse sul foglio per disegnare un nuovo modello, qualcosa che sembrasse più adatto a lei. Non pensò a nulla e prima che se ne accorgesse aveva già congiunto l’ultima linea ed era pronto il disegno. Sgranò gli occhi, rendersi conto di ciò che aveva disegnato era arduo: di fronte a lei c’era una donna raffinata che indossava un completo serio e al contempo stravagante, composto da una camicia col collo appuntito e allungato fino al seno, maniche a sbuffo, bottoni colorati e di forme differenti tra loro; sotto una gonna pantalone apparentemente tesa come fosse un tubo di latta e sopra una giacca strutturata, asimmetrica al fondo, con il revers di un colore vivace e un unico grande bottone al centro del corpo. “Wow” pensò Rosa “questa sono proprio io, ma non capisco come sia venuto fuori il disegno!”. Non riusciva a staccare gli occhi da quel prototipo, immaginando rapidamente i colori e i tessuti da scegliere per realizzare il completo del suo diploma. Non aveva dubbi, quello sarebbe stato il suo abbigliamento per l’occasione. La contraddistingueva in tutto. La camicia era sbarazzina, la giacca dava impressione di serietà senza tralasciare un tocco di giovanil freschezza, i pantaloni a tubo indirizzavano lo sguardo sul fondoschiena, suggerendo di guardare lo splendore di questa giovane donna che nel duro percorso scolastico aveva trovato il tempo di curare il proprio fisico. Decisamente adatto a lei.

[continua]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *