Si fa presto a dire PILE, e noi tutti sappiamo di che si tratta, o forse è meglio dire che crediamo di conoscerlo?
È una parola che immediatamente rimanda all’immagine di un indumento termico, che ci scaldi durante i giorni più gelidi. Il pile si presta infatti a questa funzione: scaldare.
Ma cos’è precisamente? Da dove deriva e come mai è così morbido e caldo?
La prima cosa da dire è che non si tratta dell’ennesimo tessuto in fibra sintetica, ma proviene da una fonte da stimare: il PET. Dalla fine degli anni ’70 il pile rappresenta il primo vero riciclo delle bottiglie di plastica, e per questo è da considerare una fibra nobile.
Ma attenzione: c’è pile e pile, così come c’è sintetico e sintetico! Non tutti i pile derivano dal PET, a volte nelle filiere di produzione i micro trucioli di PET si mischiano con quelli del materiale sintetico più abbietto, senza veri controlli di qualità e del rispetto della sostenibilità. Uno dei rischi quando si lavora la fibra sintetica è infatti quello di rilasciare microplastiche nell’ambiente, per cui è importante saper distinguere quale sia un buon pile e quale no.
Come facciamo da consumatori a capire la differenza tra un pile eco-sostenibile e uno inquinante?
Anzitutto dobbiamo fidarci del commerciante che ce lo vende, che proprio grazie al suo lavoro e dopo aver sondato diverse ditte, ha i mezzi, sia tecnici che esperienziali, per discernere le diverse tipologie e saper scegliere cosa sia bene proporre al consumatore finale.
Un altro discrimine è il prezzo. Il pile è noto per essere una fibra economica e sicuramente lo sarà anche in futuro rispetto ad altri tessuti (seta, cotone, lana ad esempio), ma da acquirenti dobbiamo imparare a dare il giusto valore al prodotto. Quando un tessuto ci sembra “troppo economico” non è un bene: il più delle volte ha una provenienza dubbia e non è certificato come un prodotto di qualità. Un buon pile viene prodotto con modalità rispettose dell’ambiente e sarà per questo più curato, più durevole, più costoso.
Oltre al prezzo, per distinguere un tessuto di qualità da un altro abbiamo un aiuto che proviene proprio dalle nostre mani: il tatto. Un pile di bassa qualità ci apparirà sottile e al tatto ci darà una sensazione fastidiosa e “ruvida”, un po’ come toccare la parte abrasiva di una spugna. Strofinandolo ci accorgeremo che la trama presenta delle lassità (ed è proprio lì che si formeranno gli orribili pelucchi dopo qualche lavaggio). Un pile migliore è più spesso, compatto, morbido, anti-pilling. Il tatto è uno dei nostri sensi, dobbiamo solo imparare ad usarlo bene e per farlo possiamo consultarci con esperti del settore tessile, quali venditori, produttori, insegnanti.
Esiste un tipo di pile a metà tra i due, sia per qualità che per prezzo: il cinigliato. Il pile cinigliato è sottile, morbidissimo, con effetto ciniglia, ovvero con la presenza di pelo alzato, accarezzabile. Questo trattamento serve a mantenere l’aspetto nuovo più a lungo, aiuta a reggere i lavaggi, rende il tessuto ingualcibile e difficilmente il pelo si trasformerà in pelucchi.
Una volta capito quale tessuto valga la pena di comprare e quale invece lasciare ad ammuffire invece che farlo girare nel mondo a inquinare ulteriormente, dobbiamo capire cosa farne.
Per cosa si usa il PILE?
- Il pile si usa per cucire tute da casa, pigiami invernali, abbigliamento sportivo e da montagna.
- Si usa per plaid da divano, coperte da letto da aggiungere al piumone nelle notti più fredde per un effetto di calore garantito.
- Si usa per cuffie, sciarpe, scaldacollo, copertine per bambini, cucce per animali.
È un tessuto davvero versatile, con tantissimi pregi, ma occhio a saper scegliere quello giusto, dando valore alle caratteristiche che abbiamo visionato!
Buona scelta e buon cucito,
Vittoria Giusti