Strappa da te la vanità, ti dico strappala. Ezra Pound, Canti Pisani, nr. 81

Letizia Battaglia (1935 – 2022) è nata a Palermo e raccontato di Palermo attraverso la fotografia. “Non sono una fotografa” ribadiva spesso questo concetto, sottolineando che lei ha soltanto fatto foto, e le foto di rimando hanno fatto lei. Eppure, da non-fotografa, è stata una delle prime donne fotoreporter in Italia e la prima donna europea a ricevere nel 1985 a New York il premio W. Eugene Smith Grant per la fotografia sociale.

Le sue immagini hanno raccontato una Palermo toccata dai sanguinosi anni della mafia siciliana, di cui sono note le foto di corpi di giudici e vittime senza nome, ma sono altrettante le fotografie ispirate alla vita e alla gioventù. Le sue bambine raccontano una Palermo diversa, altrettanto difficile probabilmente, ma circoscritta in un’età e un genere che dovrebbero, o potrebbero se avessero la possibilità, vivere la serenità.

letizia battaglia5 Letizia organizza la Battaglia – allestimento e tessuti a tema “Palermo”


Questo il racconto di una delle sue più note fotografie di bambine: << Eravamo seduti in una piazzetta a prendere il caffè, vedo quel gruppetto e noto lei con quel viso che quando ride non è niente, ma serio è potentissimo. Vedi, puoi stare mesi a lavorare sulla voglia di fare una foto, poi capita un secondo di magia e le cose si mettono insieme >>.

Oltre all’iconica La bambina con il pallone (Palermo, 1960), l’allestimento mette in luce immagini che parlano di momenti di lavoro e svago. In Pasquetta a Piano Battaglia (Palermo, 1979) tre signore trascorrono la giornata ricamando allegramente. In La ricamatrice (Montemaggiore Belsito, Palermo 1987) è una giovane ragazza a riprendere l’arte del ricamo in solitudine, probabilmente in un momento di pausa. Ai ricami siciliani d’epoca si associano i tessili moderni e coloratissimi di Pizzo San Gallo stampato, che, a guardarli bene, fanno pensare sia al ricamo che al patchwork. Uno dalle tonalità del blu e l’altro multicolore (li puoi vedere qui e qui) , si tratta di tessuti in puro cotone sulla cui base traforata è effettuata una stampa d’alta moda Made in Italy dall’ottimo finissaggio e buona resa, e fanno pensare all’estate, ai momenti di svago, al lavoro artigianale lento, svolto in solitudine al crepuscolo o chiacchierando in compagnia.

La bambina lavapiatti (Palermo, 1979) invece tocca la tematica del lavoro minorile e lascia trapelare un aspetto triste della Palermo di quegli anni. Nel titolo della foto è compresa la parentesi “non è mai andata a scuola” per sottolineare la drammaticità di un’infanzia da analfabeta, trascorsa a svolgere un ruolo lavorativo in maniera troppo precoce rispetto alle esigenze dell’età. << Solo adesso mi rendo conto di quante bambine ho fotografato. Le ho cercate, sempre. E sempre quelle un po’ così: preadolescenti, magroline, capelli lisci, occhiaie, serie. A quell’età pensano di essere tutte principesse. La vita le spodesterà >>.

Letizia Battaglia si è costruita grazie alla macchina fotografica un’identità che le era stato impedito di avere, l’occhio dietro l’obbiettivo ha visto l’orrore ma ha anche cercato la bellezza. << Chi fotografa ha un mezzo meraviglioso in mano per esistere, per essere, per incontrare il mondo, per amarlo, per denigrarlo >>. Il ricordo di questa grande donna dal cognome evocativo della sua lotta nella fotografia sociale, nella politica e nella verità, deve essere onorato e protratto nel tempo, affinché sia da esempio per nuove e giovani bambine, fotografe o non, che si trovano a scegliere da che parte stare.

M.M.

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