Lo spettacolo di Celestini in tour dall’edizione 2015 di RomaeuropaFestival

Ascanio Celestini photo dominique houcmantgoldo PUEBLO di Ascanio Celestini

ph Amat

Uno scalzo Celestini guarda dalla finestra della casa che condivide con Pietro le due dirimpettaie. Guarda, osserva, fino a farsi un’idea che diventa giudizio sulle loro vite. Niente di più di ciò che facciamo tutti, giudichiamo sommariamente ciò che distrattamente guardiamo, senza approfondire.

La differenza tra Celestini e noi è che lui, in un’ora e mezza di spettacolo, approfondisce.

La storia che ci racconta è di una persona che siamo abituati a chiamare “ultima”, una degli ultimi di De André: una barbona e la sua miserabile vita. Ce la racconta come fosse una chiacchierata al bar tra un caffé e una pagina di giornale. Celestini ci dice che ha effettivamente conosciuto una barbona.

“Cioè, come conosciuto?”

“Sì, conosciuto.”

“Hai parlato con una barbona?”

“Sì. E questa è la sua storia.”

Celestini ci mette all’ascolto, tra una risata amara e un sorriso disgustato, di una storia che ci trasporta dall’altra parte, quella parte in cui non ci sono possibilità, né cibo, né soldi: quella parte in cui in realtà non siamo e non saremo mai. Ci dice che Dio non è in grado di fare i miracoli, rinchiuso com’è in una buia cantina, non può far altro che mungere una mucca per le suore, che al mattino pretendono latte fresco. Dalla parte di Dio ci mette Domenica, la barbona. Si avvicina di più lei a Dio che i credenti, schifati di avvicinarsi al suo corpo sporco o malato – presumono – nemmeno per aiutarla, come invece vorrebbe l’educazione cattolica.

In uno strambo scambio di ruoli, giocato sul campo della letteratura da bar, Domenica aveva una vita, un amore, forse una possibilità, ma Domenica è anche Sabato, quel sabato del villaggio che non ci godiamo in attesa del giorno dopo, quel sabato pre festivo, di una festa che non arriverà mai, di un bacio con il suo amato che forse non ci sarà mai.

Uno spettacolo in stile Celestini, tutto sommato commovente seppur di una semplicità poco sorprendente, uno di quelli che possono far pensare, ma da cui poi se ne esce insensibilmente divertiti.

Marina Mannucci

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