30515881 10211950495343388 756675174861897728 o 1024x768 Più peso, meno volume – Mirko Amaolo e i diorami solitari allArtasylum

foto di Alessandro Miola

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foto di Alessandro Miola

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foto di Alessandro Miola

Mirko Amaolo è un artista di vario genere, lavora il refrattario pastanera, materiale che cuoce ad alte temperature, modella, disegna, crea video-proiezioni, fumetti e sculture.

Lo incontro all’Artasylum, attiva galleria d’arte nel centro di Fermo, in cui è in corso una sua personale, inserita nel tema scelto dalla proprietaria Maria Chiara Simonetti “+ peso, – volume”. Sono presenti 30 diorami, sculture e un’opera derivante da un fumetto.

I diorami sono eleganti paesaggi piccoli micromondi o così come li chiama lo scultore porzioni di spazio. Sono scolpite alte torri, piccole architetture, l’ambiente intimo di una presunta casetta familiare, ci sono i presupposti per una società funzionale eppure non c’è nessuna presenza umana. “I miei paesaggi sono scarni, senza uomini, per di più sembra che galleggino nell’aria. Ho lavorato per due anni quasi ossessivamente a questo esperimento che tende e riduce all’essenziale. Vi è un senso di inquietante solitudine al guardarli.” A sottolineare la desolazione del micromondo è onnipresente un minuto teschio umano, che se ne sta tra una torre e una casa, quasi a memento mori ci regala un’istantanea in cui il tempo è fermo, se non inesistente di certo irrilevante.

Tutto il paesaggio si inscrive in un piccolo perimetro della grandezza di una piastrella, sospeso su tondini di ferro, instabili. “L’instabilità è una delle mie peculiarità, anche se poi pensare pragmaticamente alle mie opere in sospensione mi mette tensione, sono sempre teso quando espongo.” Gli chiedo “E’ mai successo che accidentalmente si rompesse qualcosa?” Mi risponde sicuro che purtroppo sì, è successo.

Sono architetture ferme nel tempo e in realtà molto instabili, rientrano perfettamente nel tema della mostra: ferme nel tempo (stabili), sospese con tondini di ferro (instabili), idea di sottrazione (meno volume) e idea di funebre solitudine (più peso).

La presenza umana che manca nei diorami/porzioni di spazio diventa protagonista nelle teste. La testa è un altro tratto affascinante dell’ arte di Amaolo: la lingua è per lui un mollusco, gli occhi sono acqua e i denti sono quasi un minerale. La testa diventa pre-testo per applicare i diorami, dà terra ai paesaggi. Amaolo mi confessa che adora scolpire teste e non solo nella versione presente nella mostra in oggetto – ovvero monocromatiche e abbastanza neutre – bensì colorate in modo shock, con denti veri e dall’aspetto grottesco. “Mi serve una valvola di sfogo dopo tutta questa sottrazione e assenza di colore, che sono proprie delle mie opere principali, quando voglio passo dal sobrio al carnevalesco, sfiorando il kitsch”.

Personalmente la componente umana della sua arte la vedo nell’imperfezione che Amaolo tanto apprezza nella vita e mette nelle sue opere. Non si tratta di imprecisione, ma di scelta stilistica. L’uomo per natura è imperfetto, è viscerale e colorato, tutto ciò che non è visibile nelle sue opere, che sono scarne, bianche, o nere o neutre, e per niente umanizzate; ma il lavoro che c’è dietro è umano, l’imperfezione è il colore dell’arte e ne rappresenta a mio parere la parte umana.

All’interno dell’Artasylum le sculture di Amaolo disegnano una surreale per quanto archittettonicamente realistica cornice paesaggistica, L’ultima opera che osservo è in realtà una narrazione. Su piastrelle sospese a mezz’aria poggia un ominide ispirato a un playmobil, che mentre passeggia nello spazio ristretto in cui è costretto, incontra l’archetipo teschio. Questo incontro farà prendere una decisione importante al piccolo playmobil, e per saperla basterà passare a visitare la mostra, che durerà fino al prossimo 22 aprile.

A seguire, dal 27 aprile al 3 giugno, la personale di Caterina Silenzi, “Inside”.

Marina Mannucci

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