“A breve ci saranno le elezioni, e ci crederesti?
Mi vogliono tutti, dalla destra alla sinistra”
Quella mattina, come tutte le mattine, Otto si recò al solito bar per la solita colazione, e aprì il giornale sulla prima pagina. Lesse in merito alle elezioni politiche che ci sarebbero state da lì a un mese.
Lesse le promesse di uno e dell’altro partito, dei partiti di coalizione e di quelli collaterali, i sondaggi e le opinioni. Tra tutti i punti dei programmi si sentiva confuso. I dibattiti politici si annullavano a vicenda, concentrando l’attenzione più che sui temi principali, sugli aggettivi usati per descriverli. Ridotti all’osso e sbarazzati di tutti gli orpelli oratori, differenziavano di poco l’uno dall’altro, eppure i rappresentanti dei partiti erano così in conflitto tra loro.
Decise così di ascoltare i pareri degli elettori, di chi al bar aveva sempre una parola da dire su qualsiasi argomento. Di solito parlavano di politica locale e si fomentavano sui temi delll’urbanistica, dell’organizzazione di manifestazioni o di cortei, per cui lasciavano sperare in grandi dibattiti sul tema elezioni.
Otto ordinò il suo caffé, si mise in posizione d’ascolto. Era tutt’orecchi, pronto a carpire le opinioni di tutti, pronto al confronto che, silenzioso dentro di sé si sarebbe fatto spazio per costruire un’opinione più completa, arricchita dalle opinioni altrui.
La scena che seguì.
Il vecchio di ispirazione comunista avrebbe votato, con l’amarezza dovuta a una sinistra inesistente e con il fascino reminescente dei fasti dell’antico e sacro ideale, convinto di portare avanti una promessa a se stesso, l’ultimo dei partiti in gara, quello che neanche avrebbe raggiunto il 3%.
Il nuovo imprenditore avrebbe votato, senza dubbio alcuno e senza alcuna opinione politica seria, il partito che lo avrebbe avvantaggiato maggiormente nelle sue finanze.
Il vecchio italiano medio – il Signor Otto non sapeva come altro denominarlo – decise di votare chi avrebbe promesso una pensione dignitosa, ignorando qualsiasi flebile ricordo di ideali giovanili, adulti e persino di quegli ideali che contemporanei si facevano ancora strada dentro di lui.
Ma la cosa più stravolgente, per il Signor Otto, fu che il ragazzo neo diciottenne, per la prima volta elettore, colui in cui ognuno dei predecessori riponeva le più ardite speranze, sosteneva guardando distrattamente la tv che non avrebbe partecipato all’elettorato, asserendo che “tanto non serve a niente”.
Otto finì il suo caffé, si avviò al seggio elettorale pieno di dubbi e di disillusione, ma anche convinto del candidato che avrebbe sostenuto, perché dentro di lui si sentiva di dover dire la sua. D’altronde, dal canile da cui proveniva, non avrebbe potuto neanche avvicinarsi a un seggio elettorale. Vigeva la dittatura.
Con fedelissimo affetto elettorale,
Otto Von Fuestenberg