Gli abiti e i tessuti vintage sono come i vini pregiati, più passano gli anni e più acquisiscono valore. Il vintage valorizza in sé il capo del passato, in quanto intriso di tradizione, fatto di tessuti di una trascorsa epoca da non dimenticare.
Quello della moda è un settore lanciato per definizione verso il futuro, caratterizzato sempre più da velocità, fads o mode passeggere, e omologazione. Chi va alla ricerca di abiti vintage lo fa per assicurarsi un capo che, oltre ad essere bello, originale e ben fatto, ha una storia ed evoca un preciso periodo storico. In genere infatti i negozi vintage, luoghi magici che permettono di viaggiare nel tempo, si caratterizzano nella vendita di capi distintivi di un decennio del novecento. Troviamo negozi incentrati sul pop che evocano i multicolor anni ’80, come troviamo quelli immersi negli eleganti anni ’50 di Dior e, per i veri amanti, possiamo volare più indietro nel tempo fino a trovare capi rari e preziosi degli anni ’20.
Il fenomeno del vintage non deve essere confuso con fenomeni come lo “swapping” e il “second hand”. Questi nomi all’inglese servono forse per attualizzare delle pratiche datate: il baratto e il mercato dell’usato. In questi casi si trovato soprattutto abiti di epoca recente e le motivazioni che spingono all’acquisto possono essere o di natura economica o per ideali di sostenibilità. Tuttavia, spinti dal basso prezzo e giustificati dal fatto che non si stanno arrecando danni al pianeta, in realtà si compra sempre di più e sempre peggio.
Forse l’unico modo per essere davvero sostenibili e indossare capi unici e originali è prendere ago e filo e, se si vuole valorizzare la tradizione e riscoprire tecniche di lavorazione ormai scomparse, il salto di qualità è scegliere tessuti vintage, mussole di lana, di cotone e di seta, d’annata.
Claudia Mecozzi