Le lane sono demodé, il tecno è la rivoluzione. Con le stampe 3D e le passerelle sempre più proiettate all’innovazione è difficile ricordarsi dei tessuti di un tempo: quei tailleur e quelle giacche rifinite dalla sarta, di cosa erano fatti?
Cerchiamo di fare un riassunto dei pregi e dei difetti di due categorie. Sul ring si trovano la cara e vecchia lana e il nuovo fiammante neoprene. Mentre la prima la conosciamo, il secondo è stato preso direttamente dal mare e buttato sul mercato: è infatti il materiale delle tute da sub che, dall’alta moda al prêt-à-porter ha sconfinato il campo sportivo per quello elegante.
La lana vergine si classifica subito in alto se parliamo di durata e riuscita del capo. Non c’è paragone, la gonna di lana della nonna non la butteremo mai perché rovinata.
Il neoprene, par contre, è morbido, elastico e si adatta benissimo al corpo, senza bisogno di fare tagli per assecondare le curve.
Con l’arrivo dell’inverno il neoprene perde 1 a 0: si tratta di un materiale completamente freddo, che non mantiene la temperatura corporea. Il cappotto in lana invece è l’unico che ci protegge dalle gelate invernali.
Se parliamo invece delle esigenze del mercato odierno il neoprene si presta benissimo alla stampa digitale scalando la vetta delle ultime tendenze, e non solo per questo: le gonne a ruota cucite con neoprene sono gettonatissime perché non necessitano di orlo. Questo tessuto infatti non sfila! Non c’è bisogno di rifinirlo, è facile da lavorare.
Dovendo tirare le somme, siamo in situazione di parità. La verità è che nessun materiale è perfetto, dove l’uno pecca l’altro è pronto a subentrare, e viceversa. Un consiglio? Un tailleur va sempre in lana, un abito corto e scampanato in neoprene. E per l’ultimo punto, quello della vestibilità, non c’è giudice migliore del nostro corpo.
Marina Mannucci