Mangiamo sushi, pollo all’indiana e kebab, quanto manca affinché ci sia un vero scambio culturale che interessi anche altri settori della nostra vita?
Mi è capitato di assistere a un matrimonio indiano proprio nel mio condominio: una sfilata di donne in sari vistosi e uno sposo acconciato con un turbante orientale in stile maraja, e devo dire che mi è piaciuto.
Le vediamo ogni giorno, per le strade delle nostre città, le donne che camminano in abiti tradizionali del Bagladesh o dell’Africa. Per ora sono solo persone provenienti da quei posti, ma forse tra un po’ saremo noi a prendere qualche idea da questo modo di abbigliarsi.
Senza intaccare la nostra tradizione, qualche passo lo si sta già facendo. La fascia porta bebè è originaria dell’Africa e va di moda anche in Italia, e non solo tra le mamme più anticonformiste. Le case di moda hanno già usato il kimono come spunto per le loro collezioni, essendo un modo di vestire molto chic, lucido ed elegante. Non solo: sono anni che portiamo con piacere la pashmina, scialle un tempo tipicamente indiano e nepalese. Ora che la moda delle borse dalle vivaci stampe afro sta imperversando nelle botteghe minori, quanto mancherà prima che le grandi produzioni ne facciano un must?
Non rinunciare ad un vestito da sera made in italy non vuol dire che non si possa in un’occasione casual indossare un paio di pantaloni di lino alla turca.Si può arrivare a emulare dalle usanze degli altri anche il modo di vivere e di abbigliarsi, il fatto che ci sia integrazione deve arricchire, non togliere.
D’altra parte, il blue jeans che ora è principe nei nostri armadi non fu importato proprio da tutt’altra parte del mondo?
Marina Mannucci