Mi hanno detto che Escher faceva con le incisioni ciò che i Meshuggah fanno con la musica: all’apparenza è tutto sfasato, irrealizzabile, ma si può fare. O almeno disegnarlo.
Escher e il suo innaturale e distorto mondo, fatto di scale che non arrivano da nessuna parte – eppure dappertutto, fatto di cubi che non si possono tenere in mano, di figure geometriche ripetute talmente tanto da provocare allucinazioni di rombi, quadrati, pesci, triangoli all’infinito; è presente a Bologna, Palazzo Albergati, fino a luglio.
Parliamo di un incisore e mentalista olandese che sfidò le leggi fisiche per illudere, stupire e modellare le figure a suo piacimento. Guardare questa mostra equivale ad addentrarsi in un mondo di infinito nel finito dell’opera.
Innamorato inizialmente dell’Italia, delle regole dello spazio, delle leggi geometriche delle figure, si ispirò all’Alhambra di Cordova per riprodurre sulle sue litografie e xilografie la tassellatura degli elementi ornamentali a ripetizione. Una ripetizione ossessiva, ai limiti dell’inesauribile. Ricercò forme talmente complesse e impossibili che non riuscì a districarle nemmeno lui, tanto che in “Relatività”, litografia del 1953, fece talmente tante impossibili intersezioni di scale e vortici che dovette lasciare uno spazio bianco centrale a causa dell’irresolubile intrico.
La mostra è organizzata in modo da spiegare a tutti i fruitori le leggi fisiche che regolano le illusioni provocate nelle opere di Escher. Pannelli esplicativi delle leggi del concavo/convesso, della continuità, della matematica dell’impossibile e della buona forma, si accompagnano ad altri in cui si possono provare materialmente tali leggi.
Le figure dell’artista prendono forma in un montaggio video, che mostra come siano intercambiabili, quanto siano uguali e compatibili, tanto da incastrarsi perfettamente l’una affianco all’altra, o l’una sull’altra. Ed è probabilmente quello il momento giusto per distaccarsi dall’audio guida e lasciarsi meravigliare dalle possibilità (in)finite del suo genio. Quello è il momento in cui ci si rende conto di come una tecnologia avanzata come quella a cui siamo ormai più che abituati, risulti ovvia e mediocre di fronte alla mente di un enigmista e illusionista come Escher, sazio di tecniche artistiche quanto digiuno delle possibilità informatiche.
La sua genialità è stata seguita da molti negli anni, imitata e presa come spunto, realizzata nella sua complessa assurdità in film come “Inception”, in un episodio de “i Simpson” e in uno spot di “Illy”.
Marina Mannucci