Si è conclusa lo scorso 9 novembre la personale di Marta Czok dal titolo “Sfaccettature”, allestita all’interno dell’antica chiesa di San Francesco, situata nella cittadina umbra di Gualdo Tadino.

Ho avuto occasione di visitare la mostra insieme alla redattrice della rivista, Marina Mannucci, ed entrambe siamo rimaste alquanto entusiaste.

Come ci ha gentilmente spiegato Mauro di Michelangelo, operatore museale dell’associazione ONLUS “Polo Museale” di Gualdo, l’esposizione è stata curata dall’associazione stessa, con la gentile collaborazione del marito dell’artista, che ha fornito importanti notizie riguardanti il modus operandi di Marta Czok e le varie tematiche da lei affrontate nel corso degli anni.

Entrando all’interno dello spazio espositivo abbiamo immediatamente notato una cura rimarchevole nella sistemazione dei quadri, i quali sono stati appesi in appositi pannelli, disposti a formare un lungo corridoio, terminante con l’opera forse più emblematica dell’artista, un trittico appartenente al suo primo periodo. Nella tavola centrale troneggia la maestosa figura di Napoleone, che con tutto il suo peso schiaccia ed opprime il popolo minuto, costretto a fuggire dalle sue abitazioni ormai andate in rovina, affiancata da due pannelli laterali, in cui si notano a destra  tre personaggi intenti a portare i loro doni al “Salvatore” tiranno e a sinistra un gruppo di musicanti, che intonano un inno apparentemente rivolto a Napoleone.

Nell’opera vi è un chiaro riferimento ai trittici dei pittori del primo rinascimento, soprattutto grazie alla voluta rappresentazione di una prospettiva piuttosto marcata (si osservi ad esempio il pavimento a scacchiera) e alla presenza di due caratteristici edifici sullo sfondo dei due pannelli laterali, di chiara derivazione dalle architetture dipinte dai pittori fiamminghi del XV secolo.

Inoltre è piuttosto evidente il nesso che l’artista ha voluto creare con un’iconografia di carattere religioso, (l’ Adorazione dei Magi nel pannello di destra, una teoria di angeli musicanti in quello di sinistra, e la Madonna in trono nella tavola centrale), quasi a voler rimarcare l’aura di sacralità che il popolo di quel tempo conferiva alla figura di Napoleone.

Chiaramente il trittico vuole essere una denuncia alla tirannia e al potere delle classi sociali elevate e queste tematiche vengono affrontate anche nelle opere appartenenti al periodo intermedio dell’artista, esposte lungo la navata della chiesa. Qui prevale la figura del politico corrotto che cerca di approfittare del suo potere per “succhiare” tutta la linfa vitale del povero, costretto a vivere una vita di stenti. Non rimane quindi che rifugiarsi all’interno di un cavallo di Troia, ancora una volta un imbroglio e una truffa ai danni del povero. Il povero, il politico corrotto e il ricco, quest’ultimo nelle vesti di Re Mida, vengono posti dall’artista nel ventre del nefasto animale. Un particolare molto interessante risulta essere il muso del cavallo, le cui guance rosee e i cui occhi, evidenziati da un ombretto di colore blu, gli conferiscono un aspetto da bambola ammiccante che osserva lo spettatore come per invitarlo ad entrare nella sua pancia e ad essere anch’egli vittima della beffa.

Nelle sue ultime opere ritorna la figura dell’animale, questa volta con le fattezze di un cavallino a dondolo, simbolo dell’infanzia e dell’ età dell’innocenza, nella quale il bambino è ignaro ed estraneo a tutto ciò che di negativo avviene nel mondo esterno; risulta perciò inevitabile la contrapposizione tra i due differenti modi di raffigurare il cavallo.

Infine una serie di monocromi, esposti nei pannelli di destra, avevano come soggetto alcune scene di carattere quotidiano, come cene tra amici e chiacchiere tra donne, situate in uno scenario apparentemente tranquillo ed enigmatici paesaggi urbani dai toni piuttosto freddi.

Marta Czok ha di recente affermato: «Non basta appendere qualcosa in una galleria e illuminarla per bene per trasformarla in arte. Sarebbe come prendere in giro quelli che vengono a vedere questi lavori. La vera arte fa crescere l’anima del pubblico. Una scopa illuminata, per quanto costosa e per quanto lodata da critici e curatori di musei non riuscirà mai a farlo». Proprio sulla base di questa interessante affermazione vorrei porre in risalto la maestria con cui l’artista riesce a dipingere oggetti piuttosto difficili da effigiare, come bicchieri di vetro o brocche in argento, colpiti da un punto di luce, che li valorizza all’interno dell’opera e che li rende altamente realistici.

Il suo stile risulta perciò molto personale, caratterizzato da una fusione tra elementi che si avvicinano al genere fumettistico e citazioni dal mondo reale.

Oltre ad averci fornito delle importanti notizie riguardanti l’artista Marta Czok, Mauro di Michelangelo ci ha gentilmente introdotto gli affreschi presenti all’interno della chiesa, appartenenti ad epoche diverse, facendoci anche conoscere la figura di Matteo da Gualdo, artista del Quattrocento che lasciò numerose opere nella bellissima cittadina di Gualdo Tadino; inoltre ci ha consigliato di andare a visitare la suggestiva Rocca Flea, fortezza costruita intorno al X secolo e fatta ampliare successivamente da Federico II di Svevia, al cui interno oggi è ospitato il Museo Civico con la sua sezione archeologica, la pinacoteca (contenente opere d’arte molto importanti, tra cui una pala di Niccolò di Liberatore, detto l’Alunno) e gli spazi dedicati alle ceramiche artistiche “a lustro”, tipiche della zona.

La mostra ha riscosso grande successo tra il pubblico e molti hanno saputo apprezzare la freschezza dei dipinti di Marta Czok; personalmente attendo il ritorno delle sue opere in una sede espositiva italiana. Qui di seguito allego il link dove potrete vedere tutte le sue prossime tappe.

http://www.martaczok.com/mostre/

Chiara Rapaccioni

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