Ritagli in ogni posto, aghi al loro posto, spilli dappertutto. Ambiente tipico di una qualsiasi sartoria, e forse è questo, l’ambiente, a non essere cambiato mai nel tempo. Cosa è invece diverso ora da una sartoria di mezzo secolo fa?
Sfatiamo anzitutto il mito che le “sarte non esistono più”. Al contrario, le tante iscritte ai corsi tecnici di moda e a quelli privati di cucito confutano la tesi, almeno per passione. Le sarte di professione sono rifugiate in casa, ben nascoste dietro ai busti e ai ritagli ed è difficile scovarle. Quelle giovani e audaci sono invece approdate nei negozi dei centri cittadini, aprono le loro porte a chi ancora ha voglia di indossare capi esclusivi. Vediamo cosa dicono due sarte di età diverse – Luigina è sarta dagli anni ’50, Michela ha aperto il suo studio 6 anni fa – in merito al loro lavoro.
– “Come hai imparato il mestiere?”
Luigina: Fin da piccola avevo la passione per il cucito, per l’ago e la pezzetta. Una vicina di casa che era sarta mi permetteva di passare il pomeriggio da lei, così avevo la possibilità di giocare con i ritagli di tessuto caduti sotto il tavolo. Nel ’45 sono andata ad imparare il mestiere a casa di una sarta in cui sono rimasta per 4 anni prima di mettermi in proprio. Sono diventata sarta perché ho coltivato questa passione.
Michela: Sono diventata sarta per passione. Quella di creare abiti è una dote che ho coltivato negli anni attraverso studi professionali. Ho capito però che non si finisce mai di imparare, si cresce con l’esperienza e con la pratica.
– “Com’è cambiato il lavoro negli anni?”
Luigina: Per me non è mai cambiato. Facendo il lavoro artigianale e seguendo un metodo rigoroso, posso dire che è sempre uguale. Probabilmente nelle grandi sartorie, a livello industriale, molte cose sono cambiate.
Michela: Non so cosa significhi mettere i punti lenti. Il modo in cui io lavoro rispetto alle sarte di una volta è molto diverso: il mio è molto più veloce. Se volessi potrei adottare il metodo delle “nonne” ma in un mercato che richiede velocità non è conveniente. C’è un cambiamento importante che ho notato: il fatto che ora vada tutto sottovuoto; cioè i capi che si facevano anni fa avevano molti centimetri di vestibilità, adesso tutto è stretto e avvitato. Per cui aggiornarsi è sempre utile, io lo faccio usando internet.
– “Quali sono i lavori più richiesti dalle tue clienti?”
Luigina: Vari. Con la crisi svolgo molti lavori di riparazione su capi già finiti. Ultimamente eseguo ritocchi per negozi di abbigliamento, che si sono attrezzati anche con una sarta interna. Devo dire che c’è sempre chi richiede un capo dall’inizio alla fine, soprattutto in periodo di cerimonie. Per un abito perfetto la sarta è la migliore garanzia.
Michela: Ora come ora le riparazioni, ma per le cerimonie c’è sempre richiesta di capi esclusivi. Va molto di moda tra le spose l’idea di avere 4 o 5 damigelle vestite dello stesso colore e con abiti dal modello più o meno simile, che si adattino alle forme diverse delle ragazze; per soddisfare questa esigenza è necessario rivolgersi ad una sarta.
Cosa è cambiato e cosa no quindi?
Queste due testimonianze ci aprono gli occhi su un mondo che i più conoscono solo in parte, e su due modi molto differenti di vederlo e di viverlo.
Chi volesse diventare sarta oggi ha la possibilità di frequentare Istituti appositi sicuramente di alto livello, ma sarà difficile, come ci dice in privato Luigina, che una sarta ospiti in casa propria (o nel proprio laboratorio) un’apprendista. “Non riesco ad insegnarle qualcosa – dice Michela – se ho molto lavoro da fare e consegne ravvicinate”. “Per quanto mi riguarda – sostiene Luigina – preferisco insegnare in sedi appropriate in cui come insegnante posso dedicarmi completamente all’allievo”.
Per quanto i metodi di lavoro e le idee delle due sarte siano diverse, ciò che resta immutabile negli anni è che un abito cucito su misura e unicamente per la cliente sarà anzitutto perfetto per il suo corpo, molto più di un abito confezionato in serie dalle grandi catene di abbigliamento; sarà inoltre unico nel suo genere perché creato solo per lei; in ultimo sarà, o meglio potrebbe essere, molto meno costoso di una boutique di moda.
Marina Mannucci