Quella mattina, come tutte le mattine, il Signor Otto si alzò per la consueta colazione mattutina al solito bar. Indossò, come tutte le mattine, il solito papillon a righe bianche e nere, che aveva comprato anni prima in una svendita e che adorava particolarmente. In città era l’unico a portarlo, gli altri preferivano indossarne a fiori, a scacchi, a quadretti.
Con sua grande sorpresa, quella mattina al bar tutti indossavano un papillon a righe, e nella sezione “Moda” del giornale era evidente un articolo a pagina intera sul must del momento: il papillon a righe. Il Signor Otto aveva perso la sua unicità.
Che anche gli altri indossassero il suo stesso papillon avrebbe dovuto farlo felice, stava a significare che anche gli altri apprezzavano i suoi sofisticati gusti in fatto di abbigliamento. Invece istintivamente non lo era, e anzi provava un certo fastidio nell’osservare per le strade una sfilata di papillon uguali al suo. Il papillon a righe diventò presto una moda.
Voglio essere unico, voglio essere insolito, voglio distinguermi, pensava il Signor Otto in quei giorni. Questa voglia di distinzione sembrava gli scaturisse dalla paura di un’omologazione che reputava negativa.
Otto smise di indossarlo, optando senza troppa convinzione per il papillon a pois, in voga negli anni della sua gioventù ma che oggi era decisamente passato di moda. Quanto si sentisse a suo agio con il nuovo papillon era una domanda che lasciava il passo al sentirsi di nuovo unico, che pareva la sua priorità.
Tempo dopo, al bar, tutti indossavano un papillon a pois, e il quotidiano quel giorno riportava come must della stagione il papillon a pois. Essere unici, pensò, inizia ad essere difficile in una città che all’unisono cambia i suoi gusti così rapidamente.
Otto tornando a casa pensò a dove avesse riposto il suo vecchio e caro papillon a righe, perché in quel momento voleva davvero indossarlo di nuovo, per sentirsi di nuovo se stesso.
Otto Von Fuestenberg